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Il Tour Table, il Nuovo Tribunale di Parigi e l'Atelier Brancusi: tre capolavori di due maestri


02 December 2021 | By itadmin | SISU

In questi giorni, ci sono due mostre in corso al museo West Bund di Shanghai. Sono su diversi temi, The Voice of Things e Architectures of Greater Paris, ma entrambi presentano delle opere degli artisti italiani, tra cui ci sono la designer Gae Aulenti e l’architetto Renzo Piano. Essendo curiosi, ci siamo andati lo scorso finesettimana. Quindi ora le introduciamo dal nostro punto di vista e con le nostre esperienze. Cominciamo con l’artista.

Gae Aulenti, nata il 4 decembre 1927 e morta il 31 ottobre 2012, è stata una designer e architetta italiana prolifica. C’erano poche designer italiane dopo la seconda guerra mondiale e Gae è una di loro, i cui lavori sono nell’area di design interno, design sul mobile, eccetera. Per esempio, due suoi lavori più conosciuti sono la sdraio "April" e il tavolo “Sanmarco". Inoltre, lei ha anche progettato qualche museo grande, tra cui c’è il famoso museo d'Orsay. Ha creato un nuovo stile dell’architettura italiana, il quale è pieno della fantasia.

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L’oggetto di Gae Aulenti mostrato al West Bund è il famoso “Tour table”, un tavolo di vetro con quattro ruote di bicicletta. Non è facile immaginare un tavolo simile. La prima impressione che mi ha dato è stata di stranezza perché è un oggetto molto strano, addirittura un po'assurdo, dopo tutto non avevo mai visto un tavolo come questo. Ma nello stesso tempo mi ha dato anche un senso di concisione, grazie alle sue linee severe, all’armonia tra la rotondità delle ruote e il riquadro del tavolo. C’erano forza e bellezza nascoste dietro il suo aspetto molto semplice, e forse anche certe funzioni a me sconosciute. Forse è per questi motivi, mi ha attratto tutto ad un tratto quest’oggetto strano e mi è venuta un’intensa curiosità di conoscerlo. Infatti, Tour table incarna non soltanto l’approccio concettuale e interattivo agli oggetti di Gae Aulenti ma anche le esplorazioni dei designer sul nucleo spirituale degli oggetti ispirate dall’ascesa del consumismo negli anni ‘50.

Infatti, Tour table incarna non soltanto l’approccio concettuale e interattivo agli oggetti di Gae Aulenti ma anche le esplorazioni dei designer sul nucleo spirituale degli oggetti ispirate dall’ascesa del consumismo negli anni ‘50.

Usciti da questa mostra, siamo entrati subito nella sala vicina per ammirare la seconda mostra Architectures of Greater Paris dove si poteva apprezzare le opere di Renzo Piano.

Renzo Piano, un famoso architetto italiano contemporaneo, è nato a Genova il 6 settembre 1937 in una famiglia di architettura, perciò ha sviluppato un amore per l’architettura fin da piccolo. Ha studiato al Politecnico di Milano ed si è laureato nel 1964. Fra il 1971 e il 1977, ha partecipato alla costruzione del Centro d’Arte Pompidou, una delle sue opere più famose. Cerca di far vivere l’architettura in armonia con l’ambiente. Attribuisce l’importanza soprattutto all’eredità e trasformazione del concetto tradizionale ed ha il coraggio di infrangere le regole.

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Abbiamo visto la presentazione di una sua opera meravigliosa alla mostra, il Nuovo Tribunale di Parigi. Questo edificio si trova a nord del centro di Parigi, alto 160 metri, è il tribunale più grande d’ Europa. Comprende quattro parti ben legate, il che ha migliorato l’efficienza e la praticità dello spazio. Piano ha scelto la struttura stratificata, perciò c’è una grande area per la terrazza, che ha una superficie di circa un ettaro, e in cui si possono trovare tante piante e persone che vanno qui a riflettere e discutere di affari. Nell’edificio ci sono anche il sistema di ventilazione naturale, i pannelli fotovoltaici e la sistema di raccolta dell’acqua piovana. Tutti questi progetti indicano la volontà di proteggere l’ambiente naturale e l’attenzione verso gli uomini.

 

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Camminavamo continuatamente nella sala, guardavamo la crescita della città di Parigi, e ad un tratto un disegno ci ha attratto: la foto dell’Atelier Brancusi, uno studio che si trovava accanto al centro Pompidou che è rinomato in tutto il mondo. Entrambe le costruzioni sono progettate da Piano; se diciamo che il centro è un simbolo della vivacità della tecnologia, lo studio è una mostra dell’armonia dell’arte. Infatti il laboratorio è la ricostruzione del laboratorio di Constantin Brancusi, uno scultore importante e geniale che trattava la configurazione dello studio come arte e voleva mantenere l’originalità dello studio dopo la sua morte. Rispettata la volontà del grand artista, Piano ha riprodotto lo studio attentamente. Nella foto del laboratorio, potevamo vedere l’uso di tinte tenui, l’ambiente tranquillo e sentire la solennità dell’arte. Sfruttato bene il dislivello, l’architetto ha messo lo studio in un giardino e ha progettato una piattaforma per le persone e per proteggere l’arte dal rumore della strada, il che poteva essere mostrato chiaramente nel modello di legno.  dire la verità, abbiamo visto il modello plastico che comprendeva le figurine delle persone. Le persone si trovavano nel giardino, vicino agli alberi oppure sotto il tetto dello studio, il che ci ha colpito, perché dal nostro punto di vista, l’architetto ha trovato l’equilibrio tra la serietà dell’arte e la cura dell’uomo: la folla poteva godersi le opere dalle vetrate senza rompere l’originalità del laboratorio. L’arte ha bisogno di essere vista, ma in un modo di posatezza e contemplazione, e perciò Piano ha compiuto questa opera quasi perfettamente.

Piano ha proprio praticato la sua idea di creare “uno spazio per la gente” come ha detto, intanto ha unito il rispetto per l’arte, il rispetto per la tecnologia e la considerazione dell’ambiente, il che rende la sua opera dinamica. La sua contribuzione è una parte splendida nello sviluppo di Parigi. Come è presentata in questa mostra, la città ha tenuto una vita nuova dopo la seconda guerra mondiale, grazie a tutti gli architetti che hanno dedicato il loro genio e il loro sudore alla costruzione della città nuova, con grandissimo impegno e con l’amore per gli uomini, per l’ambiente e per il mondo.

Insomma, abbiamo imparato molto dalle due mostre: le presentazioni e le idee degli artisti che vivevano in determinate epoche. Quando siamo entrati nelle mostre, le parole altrui, i disegni vaghi e i concetti astratti si sono trasformati nelle opere d’arte autentiche e vivaci, le quali ci hanno parlato delle proprie storie. L’arte apre sempre il suo cuore a tutti nonostante i tempi e gli spettatori, possiamo avvicinarci a lei con il nostro amore per lei.

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